Matrimonio
- Natura e ruolo del consenso
Natura e ruolo del consenso matrimoniale
Can. 1057 - §1. L'atto che costituisce il matrimonio è il consenso delle parti manifestato legittimamente tra persone giuridicamente abili; esso non può essere supplito da nessuna potestà umana.
§2. Il consenso matrimoniale è l'atto della volontà con cui l'uomo e la donna, con patto irrevocabile, danno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio.
Il principio enunciato nel can. 1057 §1: «L'elemento creativo», la causa efficiente immediata «del matrimonio, è il consenso delle parti». È questo, secondo Paolo VI, «un principio di capitale importanza in tutta la tradizione canonistica e teologica, e spesso proposta dal magistero della Chiesa come uno dei capisaldi fondamentali del diritto naturale dell'istituto matrimoniale, non che dal precetto evangelico» Nel solco di tale tradizione e magistero, il Concilio Vaticano 11 dichiara: «L'intima comunità di vita e di amore coniugale fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è posta in essere dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale» (GS 48) degli sposi.
Nella linea del pensiero conciliare, il can. 1057 §2 definisce il consenso matrimoniale: «L'atto di volontà con cui l'uomo e la donna con patto irrevocabile donano se stessi e si accettano a vicenda per costituire il matrimonio».
L'assise ecumenica preferì designare il «consenso», la volontà concorde delle parti, con la formula biblica di «patto coniugale» per mettere in luce che, nelle nozze, c'è un'alleanza, un'unione di forze dell'uomo e della donna per un aiuto reciproco e un'azione comune, consacrata da un impegno solenne, che le conferisce una indole sacra, anche se non elevata alla dignità di sacramento, e la rende inviolabile.
Come atto di volontà, il consenso matrimoniale presuppone un atto dell'intelletto che gli presenti l'oggetto su cui deve portarsi, poiché nulla si può volere senza previa conoscenza. Perciò è necessario, prima di tutto, che sia un «atto umano» (GS 48), che cioè scaturisca da una cosciente e libera scelta di ambedue le parti. È insieme un atto di volontà «personale», che deve intercorrere direttamente fra persone che si legano l'una all’altra, «senza che possa essere supplito da alcuna autorità umana» (can. 1057 § 1). È inoltre un atto di volontà «irrevocabile», impossibile ad essere privato della sua efficacia una volta che sia stato posto con tutti i requisiti inerenti alla sua natura. Insegna Paolo VI: «Il matrimonio esiste nello stesso momento in cui i coniugi prestano il consenso matrimoniale giuridicamente valido. Tale consenso è un atto di volontà di natura contrattuale (o ‘patto coniugale’, secondo l'espressione oggi preferita al termine di ‘contratto’), il quale produce il suo effetto giuridico, cioè il matrimonio nel suo perdurare, o come stato di vita, in un punto indivisibile di tempo, né poi ha alcun dominio sulla realtà giuridica da lui creata. Ne consegue che una volta che abbia dato origine all'effetto giuridico, cioè al vincolo matrimoniale, il consenso diviene irrevocabile e privo di capacità di distruggere ciò che ha generato».
Nel canone 1057 abbiamo un compendio degli elementi più importanti del matrimonio, cioè:
1) il consenso delle parti;
2) gli impedimenti («iure habiles»);
3) la forma canonica («legitime manifestatus»);
4) la qualità del tutto personale del consenso («nulla humana potestate suppleri potest»);
5) la natura entitativa del medesimo («actus voluntatis»);
6) la sua funzione o ruolo («quo [...] foedere irrevocabili sese mutuo tradunt et accipiunt»);
7) l’oggetto sul quale ricade il consenso delle parti;
8) la qualitas heterosexualis del matrimonio («vir et mulier»).
Per ora ci interessa solo la considerazione del consenso e quindi, gli impedimenti e la forma saranno trattati a suo tempo.
Il consenso delle parti è un principio di capitale importanza in tutta la tradizione canonistica e teologica, e spesso proposta dal magistero della Chiesa come uno dei capisaldi fondamentali del diritto naturale dell'istituto matrimoniale, nonché del precetto evangelico».
La ragione è ovvia. Il matrimonio in sé è un patto o, nel suo aspetto naturale, giuridico e di matrimonio «in fieri», è un contratto. Ebbene, sappiamo che il constitutivum formale del patto-contratto è il consenso. Quindi, il consenso non dipende da nessuna volontà positiva, ma è la stessa natura del contratto che lo richiede. Che inoltre il consenso sia richiesto dal diritto evangelico, come afferma Paolo VI, lo si può provare dal fatto che Cristo, con atto positivo del Suo insegnamento, si sia riferito al matrimonio nella sua assoluta purezza, cioè, tale come è stato istituito da Dio-Auctor naturae.